I bombardamenti di Roma del luglio 1943, e la caduta del fascismo dello stesso mese, sanciscono il tracollo per l’Italia. Le sorti della guerra sono ormai segnate e Badoglio, dopo una convulsa fase di trattative, il 3 settembre firma l’armistizio con gli Alleati a Cassibile, in Sicilia. Nel timore di ritorsioni da parte dell’esercito tedesco, Badoglio è restio a divulgare subito la notizia, nonostante le forti pressioni del comandante supremo alleato Eisenhower. Spazientito dal tergiversare italiano nel proclamare la resa, sarà quest’ultimo ad annunciare infine l’armistizio alle h. 17.30 dell’8 settembre 1943 ai microfoni di Radio Algeri, cui seguirà la lettura del proclama da parte di Badoglio un’ora più tardi, con uno dei testi più noti ed emblematici della nostra storia nazionale:
“Il governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.
La richiesta è stata accolta.
Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.
Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.”
Il 9 settembre 1943 Badoglio, il Re Vittorio Emanuele III e il figlio Umberto fuggono dapprima a Pescara e quindi a Brindisi. Di fatto l’Italia è divisa in due: al sud nasce il Regno del Sud, mentre il centro e il nord confluiranno, di lì a poche settimane, nella neonata Repubblica Sociale Italiana (altrimenti nota come Repubblica di Salò), ancora una volta sotto il governo di Benito Mussolini.
Nel periodo che intercorre tra la destituzione del Duce e il proclama dell’armistizio (interpretato strumentalmente come un atto di “tradimento dell’alleanza” da parte tedesca), l’esercito di Hitler ha intanto il tempo di organizzare l’occupazione del suolo italiano (Operazione Achse). Il 9 settembre i tedeschi provano ad entrare a Roma, ma si scontrano con un tentativo di difesa da parte di alcune divisioni del Regio Esercito, rimasto nel frattempo senza guida, e di molti civili. La difesa di Roma dura appena due giorni e nelle file di ciò che rimane dell’esercito è presente anche Tacchetti, come si evince dagli eventi registrati nel Foglio Matricolare (ultimo evento registrato, che si aggiunge alle operazioni di guerra in Francia e in Liguria):
Il pomeriggio del 10 settembre la resistenza viene travolta nei pressi di Porta San Paolo, e la capitale è in mano ai tedeschi. Nei giorni successivi in tutta Italia decine di migliaia di soldati italiani, colti di sorpresa e privi di comando, vengono fatti prigionieri e deportati nei campi di concentramento tedeschi. Il Regio Esercito è di fatto destituito, e da questo momento gran parte dei soldati tentano di tornare alle loro case.
Per chiarire cosa sta accadendo in questo particolare momento storico, si riporta parte di un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore nell’agosto del 2008 a firma di Marco Innocenti:
“Tutti a casa.
Il 9 settembre [1943] al Quirinale non c’è più nessuno, nemmeno i carabinieri. L’Italia reagisce come da copione e va a fondo. L’esercito si sfalda. Le prime colonne di soldati catturati dalla Wehrmacht vengono avviate alle stazioni ferroviarie con destinazione i lager tedeschi. Chi riesce butta la divisa e se ne va, in un fuggi fuggi generale verso casa. Le strade si riempiono di sbandati che ricordano un gregge disfatto. La gente dà loro abiti borghesi e da mangiare, aiutandoli con il cuore e con la borsa. Molti, però, non ce la fanno. La Wehrmacht si muove come sa, rastrella, intercetta i fuggiaschi, piomba sui pochi reparti che non si sono arresi e fa centinaia di migliaia di prigionieri sparando pochi colpi, ma sparandoli con ferocia. […] Un esercito in piena guerra si dissolve in poche ore. «Basta», perché la pelle innanzitutto, perché i capi sono fuggiti, non c’è un ufficiale a dare un ordine e la guerra è perduta. Si sciolgono un esercito, un Paese, una generazione, un mondo. Tutto.”
Per Tacchetti la situazione volge al peggio dal momento che c’è il rischio concreto di essere catturato. Il suo insegnante di composizione Vincenzo Di Donato lo aiuta fornendogli abiti borghesi e un biglietto per tornare a casa. Siamo attorno al 15 settembre 1943. Il 21enne Tacchetti, vestito in borghese, si dirige alla Stazione Termini e sale sul primo treno con destinazione Vicenza. “Sul treno c’erano soldati tedeschi, ma non controllavano i civili” raccontava Tacchetti ricordando l’episodio. “Giunti a Vicenza, alcuni passanti avvisano che in viale Roma (viale di fronte alla stazione, n.d.r.) una pattuglia tedesca sta controllando a tutti i documenti. Appena uscito dalla stazione svolto quindi subito a destra verso la pontara di Santa Libera e, col cuore in gola e facendo attenzione ad ogni minimo movimento, per contrada San Silvestro e Porton del Luzzo raggiungo piazzetta Santi Apostoli. Non c’è un solo tedesco lungo il percorso: finalmente sono tornato a casa”.
La Repubblica Sociale Italiana nasce nel mese di novembre del 1943. Si tratta di uno Stato provvisorio voluto da Hitler che vi pone a capo Benito Mussolini, ed è a tutti gli effetti uno stato satellite della Germania. Nonostante la guerra continui, la disgregazione del Regio Esercito – lo stesso Mussolini il 18 settembre annuncia a Radio Monaco il decadimento della Monarchia, la nascita della Repubblica, e lo scioglimento di soldati e ufficiali dal giuramento al Re – libera gli ex militari dagli obblighi di leva. Viene comunque costituito un nuovo esercito, l’Esercito Nazionale Repubblicano, formato da volontari e dalle reclute (ragazzi del 1924 e 1925 chiamati alle armi). E’ la guerra civile, con la formazione di gruppi partigiani – supportati dagli alleati – che si opporranno ai nazi-fascisti e ai repubblichini.
A Vicenza Tacchetti riprende a frequentare l’Accademia Musicale che nel frattempo viene aperta, come sezione staccata della sede di Venezia, presso il Collegio Cordellina in Contrà Santa Maria Nova (oggi sede della Scuola Media Giuriolo). Tacchetti ha ora in tasca un diploma in trombone e una buona esperienza come direttore di banda, quindi entra in Accademia in veste di insegnante (insegna trombone a coulisse, o a tiro) e per contribuire all’organizzazione della scuola. Di seguito, si riporta la prima pagina del libro “Lezioni di Storia della Musica”, autore Luigi Ronga, in uso presso i Conservatori e appartenuto ad un allievo di Tacchetti presso il Collegio Cordellina:
In questo periodo Tacchetti riprende i contatti con il maestro Arrigo Pedrollo (dopo il primo incontro avvenuto a Padova nel 1941), ma solo per breve tempo perché all’inizio del 1944, su pressioni del gruppo Marzotto che è interessato a disporre di una scuola di musica non lontana da Valdagno, le lezioni si spostano a Trissino, presso la scuola media del paese. “Per insegnare a Trissino partivo in bicicletta da Vicenza di buon mattino e tornavo la sera. Erano circa 60 km fra andata e ritorno, e buona parte delle strade in quel periodo erano sterrate.” raccontava spesso Tacchetti ricordando quegli anni.
Il fidanzamento tra Natalino e Gina nel frattempo si consolida. Quando sono liberi da impegni (Natalino insegna e Gina lavora saltuariamente come sarta), si incontrano e si concedono delle passeggiate nel centro di Vicenza. Di seguito una foto scattata a Vicenza nei pressi di Piazza Castello, nella primavera del 1944.
Il 28 settembre del 1944, alle ore 7 – per scongiurare possibili bombardamenti alleati che raramente avvenivano di primo mattino -, Natalino e Gina si uniscono in matrimonio presso l’Oratorio di San Nicola a Vicenza. Di seguito l’annuncio di nozze:
In quel periodo non esistevano come oggi i fotografi ingaggiati per immortalare ogni singolo istante della cerimonia, sicché purtroppo non ci è rimasta alcune fotografia di quel giorno. Ci resta però la testimonianza di Gina, che racconta:”Al matrimonio erano presenti le nostre famiglie, gli amici, i colleghi e alcuni studenti di Natalino. Dopo la cerimonia, in pulmino raggiungemmo Cornedo dove ci attendeva il pranzo di nozze: polenta e coradea all’osteria Dalla Mora!”.
Erano tempi duri, i soldi erano pochi e Vicenza era sotto il fuoco dei bombardamenti alleati. Il 2 aprile dello stesso anno erano stati distrutti il Teatro Verdi e il Teatro Eretenio, il 14 maggio fu colpito il centro storico nel peggior bombardamento che la città ricordi (310 tonnellate di bombe cancellarono il Duomo, il Palazzo del Vescovado, oltre a numerosi altri palazzi del centro), mentre il 17 novembre nella zona dell’aeroporto furono sganciate le famigerate bombe a spillo che provocarono più di 500 morti.
Dopo le nozze, Natalino e Gina si spostano così a Trissino, sia per sfuggire ai bombardamenti, sia per facilitare l’attività di Natalino nello stesso paese. A Trissino trovano alloggio presso una locanda. “Questa stanza di solito la usiamo per il deposito delle damigiane – ci disse la padrona – ma se ve la fate andar bene, potete restare quanto volete”, racconta Gina . Vi rimarranno per un paio di mesi, dopodiché partiranno per una nuova avventura.
I due mesi successivi soggiorneranno infatti a Borsano, paese vicino a Milano, in un piccolo albergo dove la padrona riuscirà a ricavare uno spazio da adibire a stanza in uno slargo del corridoio, dividendo le aree con lenzuola stese su di una corda appesa alle estremità. Qui restano in attesa di raggiungere la loro destinazione definitiva: il paese di Torno, sul Lago di Como, nuova sede dell’Accademia di Musica nel frattempo passata alle dipendenze della Repubblica Sociale di Salò, dove Natalino avrebbe insegnato trombone e armonia, oltre a contribuire alla formazione e crescita di una piccola orchestra.
“Gli edifici della scuola si trovavano presso Villa Taverna, appartenuta alla famiglia Borromeo. La villa si affacciava sul lago ed aveva dei giardini meravigliosi” racconta Gina. “Noi tuttavia eravamo alloggiati presso la famiglia Barbetta, in una casa sulla collina appena sopra la villa. Avevamo una stanza abbastanza grande ma era senza bagno, e per lavarsi bisognava uscire alla fontana nel cortile. D’inverno, Natalino rompeva il ghiaccio nella vasca della fontana per recuperare un paio di secchi d’acqua gelida necessaria a lavarsi. Poi si scendeva alla villa e iniziava la giornata. Io ero addetta al guardaroba, Natalino insegnava. Al termine delle lezioni inforcava la bicicletta e si precipitava a Como dove seguiva un corso di pianoforte per perfezionarsi, con l’obiettivo un giorno di raggiungere il diploma.”
Racconta ancora Gina:”Avevamo pochi soldi, e nel frenetico viavai di studenti ed insegnanti ed altre persone che frequentavano la scuola capitava spesso che qualcuno dimenticasse qualcosa che poi non veniva più a reclamare. Io tenevo il tutto nel guardaroba, ma trascorso un po’ di tempo senza che nessuno chiedesse informazioni – c’era un regolamento che stabiliva un periodo entro il quale richiedere gli oggetti smarriti – quelle scarpe, maglie, giacche, coperte diventavano preziosa merce di scambio, al punto che servirono perlopiù a pagare le lezioni di pianoforte. In guerra bisognava arrangiarsi e fare di necessità virtù: gli studi di Natalino erano troppo importanti e rappresentavano il nostro futuro.”
Gli studenti della scuola di Torno formano una piccola orchestra che si esibisce a Como e nei paesi limitrofi. Natalino aiuta nell’organizzazione e nella trascrizione di alcuni pezzi per la banda diretta dal maestro Tuffacchi- questa attività tornerà utile a Tacchetti nel primo periodo della sua carriera musicale, quando egli stesso formerà e dirigerà svariate bande a Vicenza e provincia -. “Ricordo ancora le esercitazioni e le prove che avvenivano nel cortile antistante la villa, e che spesso sfociavano in veri e proprio concerti” racconta Gina. “Tutti ci mettevano un grande impegno e, per quanto ne so, molti di quei ragazzi sarebbero poi diventati dei musicisti professionisti.”
La guerra nel frattempo prosegue: gli Alleati fin dall’estate del 1944 riescono a sfondare la Linea Gustav, liberando buona parte dell’Italia Centrale, mentre bisognerà attendere la primavera del 1945 per lo sfondamento della Linea Gotica e la conseguente ormai prossima capitolazione dei nazifascisti. Il 10 aprile 1945, con Direttiva n. 16 del Partito Comunista, viene deliberato il cosiddetto “attacco definitivo”, mentre il 25 aprile, alcuni giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) proclama l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti. A Milano e a Torino sono i civili a insorgere contro gli occupanti, costringendo i soldati tedeschi e i repubblichini a ritirarsi. La sera del 25 aprile Benito Mussolini abbandona Milano per dirigersi verso Como.
“Eravamo sulla strada di Como” – racconta Gina – “quando ci sorpassò veloce un piccolo corteo di poche auto e di alcuni camion furgonati. Su uno di questi, seduto sulla parte posteriore del mezzo, ho visto Mussolini. Bavero alzato e berretto militare, ricordo di aver incrociato il suo sguardo fisso da animale braccato, ormai privo di possibilità di fuga. Chiesi immediatamente a Natalino: ‘Hai visto anche tu? C’era il Duce sul camion!’ ma lui rispose che non se n’era accorto, perso com’era – e come sarebbe sempre stato di lì in avanti- nel suo mondo fatto di suoni e di musica”.
Due giorni dopo Mussolini viene catturato a Dongo dai partigiani e ucciso il 28 aprile a Giulino di Mezzegra. Il giorno stesso a Milano si tiene una manifestazione per celebrare la liberazione, mentre l’1 maggio gli americani entrano in città. La guerra è finita, l’Italia è finalmente libera.
Dongo e Giulino di Mezzegra si affacciano entrambi sul lago di Como così come Torno, dove si trovano Tacchetti e Gina, solo sulla riva opposta. Data quindi l’estrema vicinanza dei luoghi, le notizie in quelle ore frenetiche giungono come un fiume in piena: in seguito agli ultimi avvenimenti l’Accademia di Musica viene sciolta e la villa lasciata libera. Natalino e Gina devono tornare a Vicenza, ma in quelle ore convulse e nella confusione generale è un’impresa trovare un mezzo con qualcuno disposto a dare loro un passaggio. Ad aiutarli sarà il farmacista di Torno, appassionato melomane e fervido partigiano, che conosce e stima Tacchetti per il suo atteggiamento e per l’amore per la musica che trascende qualsiasi credo politico. Egli riesce a trovare un camion che sarebbe partito il giorno successivo da Torno con direzione Vicenza passando per Ostiglia, vicino a Mantova, con un carico non meglio identificato.
“Il viaggio di ritorno a Vicenza è stato pazzesco” – ricorda Gina. “Il camion era piccolo e scassato, e carico all’inverosimile di ogni oggetto possibile e immaginabile. Io ero incinta di 7 mesi, e quindi mi hanno lasciata sedere davanti, vicino all’autista, mentre Natalino era dietro fra le cianfrusaglie. Ovviamente non c’erano sedili sul retro del mezzo. Il camion faceva soste ogni piè sospinto: caricava e scaricava materiale ad ogni tappa. Passammo per Ostiglia, quindi deviando molto dal percorso che ci doveva portare a destinazione, e solo dopo un’allucinante giornata di viaggio riuscimmo a raggiungere Vicenza. Eravamo a casa, la guerra era finita e avevamo il futuro spalancato davanti a noi, ma era un futuro tutto da decifrare: Natalino doveva trovare un lavoro che avesse a che fare con la musica, e stava per arrivare Gianna, la nostra primogenita.”