In un’intervista rilasciata nel 1986, alla richiesta della giornalista se si identificasse di più con l’insegnante o con il compositore, Tacchetti risponde:”L’insegnamento della musica comprende vari rami: principalmente insegno composizione e pianoforte. Tutti possiamo imparare a comporre non tanto per fare musica quanto per capire come è fatta la musica.” E alla successiva domanda su quali siano le caratteristiche della sua musica, afferma:”E’ il mio linguaggio musicale che si colloca nel XX secolo, con particolare inclinazione per la melodia.”
Tacchetti ha completato gli studi della composizione con Arrigo Pedrollo, che di lui diceva:”E’ un uomo libero e inquieto, simpatico, formidabile anche per il suo contagioso ottimismo”. E’ stato amico del maestro Girotto, il sapiente dodecafonista vicentino, e con lui ha vissuto le difficoltà della musica contemporanea. Bepi De Marzi, suo allievo, scrive:”Ha sempre creduto e crede nell’armonia, nella buona melodia, nella cantabilità senza fingimenti”.
A Roma, durante la guerra, studia con il maestro Vincenzo Di Donato, assimilando i dettami compositivi propri del XX secolo. Influenzato anche dallo stile di grandi musicisti di allora come Goffredo Petrassi (di Zagarolo, vicino a Roma, dove Tacchetti stanzierà per un breve periodo durante la guerra) e Gian Francesco Malipiero (ai quali dedicherà alcune delle sue conferenze per ribadirne l’importanza nell’ambito della musica del secolo scorso), la musica di Tacchetti è prevalentemente orientata alla dodecafonia e all’atonalità, mantenendo tuttavia sempre un occhio di riguardo alla melodia. Si può dire che è musica a tratti “onirica”, evocativa, talora anche dura e difficile all’ascolto per un orecchio non preparato.
Le composizioni di Tacchetti (se ne contano circa duecento di diversi generi e durata, dal piano solo all’organo, ai pezzi per i più svariati organici) risalgono ad un arco di tempo che va dagli anni ’40 alle soglie del nuovo millennio. Oltre alle composizioni, si contano decine di trascrizioni per banda e orchestra destinate all’esecuzione in concerto.
Durante l’intervento di commemorazione tenuto presso il Conservatorio Arrigo Pedrollo di Vicenza il 23 novembre 2019, in occasione dell’intitolazione di un’aula studio a Tacchetti, il maestro Alessandro Padoan così ne ha riassunto l’attività di compositore:
“Si può dire che le lezioni di Vincenzo di Donato prima e di Arrigo Pedrollo poi abbiano lasciato in lui una profondissima passione nei confronti della scrittura musicale, sia sotto forma di trascrizioni di opere altrui, sia sotto forma di composizioni originali per vari organici. Grazie alla meritoria opera di riordino e inventariazione compiuta in questi anni dal nipote Carlo, siamo in grado di contare oggi più di duecento opere, fra originali e trascrizioni, del maestro Tacchetti: due Balletti, rappresentati all’Olimpico e al Teatro Astra di Bassano, pezzi per pianoforte, per voce e organo, per trio di trombe, per quartetto di ottoni, per tromba e pianoforte, per violino e pianoforte, per orchestra, oltre a brani vocali. Tacchetti amava divertirsi con l’armonia, di cui era profondo conoscitore, con il contrappunto, con la dodecafonia, con la politonalità: era estremamente curioso di tutto ciò che poteva sperimentare e conoscere nei più diversi stili. Poiché manca ad oggi uno studio della sua opera, auspico che in questo Conservatorio «Pedrollo» di Vicenza, studenti di Triennio o Biennio scelgano di elaborare tesi di laurea dedicate alle sue composizioni, e che insegnanti e studenti si possano dedicare allo studio e all’esecuzione in concerto di sue composizioni, che meriterebbero di essere più conosciute.”
Per concludere questa introduzione, riportiamo il pensiero della prof.ssa Linda Magaraggia su cosa la Composizione rappresentasse per il maestro Tacchetti:
“[..] Giusto oggi parlavo con il papà di un allievo ora mio, una volta del maestro, e dicevo che secondo me per lui la composizione era la ‘porticina’ della sua anima. Io per molto tempo non sono riuscita a capire perché mai il maestro non pubblicasse le sue musiche, non le facesse conoscere di più e non le divulgasse maggiormente e gli dicevo:”Ma scusi, possibile che di questi pacchi di musica a lei non salti in mente di farne qualcosa?” E lui mi rispondeva:”Veramente no. Io scrivo, partecipo ai concorsi, mi diverto. A proposito: vuoi sentire qualcosa?” E allora si sedeva, e suonava. E io vedevo in quel preciso momento – pur dispiacendomi che non aprisse di più agli altri questa sua capacità compositiva che era eccellente – che quella era proprio la sua parte personalissima, uno spazio di privata introspezione, e allora non ho più insistito.
Sempre a proposito della composizione, un giorno gli chiesi:”Scusi maestro, ma lei con tutte quelle attività che svolgeva da giovane, e successivamente quando ha avuto le sue tre figlie molto presto, dovendo oltretutto scorrazzare di qua e di là per fare di tutto, per vivere – se è difficile oggi fare i musicisti, possiamo immaginare la difficoltà di anni fa -, quand’è che trovava il tempo di scrivere?”. E mi rispose:”E’ molto semplice: la Gianna – la figlia maggiore, o la ‘primogenita’ come la chiamava lui – piangeva spesso. Allora io me la sedevo sulle ginocchia, facevo un cavalluccio, e intanto scrivevo musica.” E a me è piaciuta tanto questa immagine: ho chiesto conferma alla moglie Gina che mi ha detto di sì, che è vero!”