L’insegnante e il divulgatore – 1. Testimonianze

L’insegnamento è la pietra d’angolo nella carriera musicale di Tacchetti, che inizia ad insegnare dopo l’8 settembre 1943 all’Accademia di Musica di Vicenza, in Contrà Santa Maria Nova, all’età di appena 22 anni, continuando poi all’Accademia Musicale di Como, ad Arzignano con l’Orchestra, al Patronato Leone XIII di Vicenza, all’Istituto Musicale Canneti, alla Libera Scuola di Musica, nonché alla Scuola Media statale. Privatamente insegnerà pianoforte e composizione fino a pochi mesi prima della morte.

In questa sede non si intende tanto trattare l’aspetto tecnico dell’insegnamento, o gli argomenti di studio, quanto evidenziare il lato più propriamente umano e pedagogico della sua didattica.

Il maestro Alessandro Padoan,  in occasione della cerimonia di intitolazione al M° Tacchetti di un’aula studio presso il Conservatorio Arrigo Pedrollo di Vicenza, avvenuta il 23 novembre 2019, nel discorso di commemorazione tenuto presso la sala Marcella Pobbe così ha riassunto l’attività didattica del suo ex maestro:

“Insegnamento, divulgazione e diffusione della cultura musicale sono gli aspetti più importanti dell’attività pluriennale del maestro Tacchetti. Intere schiere di giovani e adulti vicentini sono passate attraverso il suo insegnamento, fin dall’inizio della carriera quando anche la direzione delle bande implicava lezioni settimanali ai bandisti e aspiranti tali.

Il nido, la culla del suo insegnamento era la sua casa, prima in Contrà Santi Apostoli, poi ai Carmini, quindi in Contrà San Marcello, in Contrà Riale e infine in Corso Padova.

Lo studio del M° Tacchetti presso la casa di Corso Padova
Il pianoforte a coda August Forster

La casa risuonava a tutte le ore del giorno di musica e di canto, e Tacchetti è sempre stato un maestro molto ambito per le lezioni di pianoforte, storia della musica, composizione e armonia. Preparava molti giovani per i concorsi all’abilitazione dell’insegnamento dell’educazione musicale nelle scuole, ma impartiva lezioni anche a gruppi strumentali e accompagnava moltissimi cantanti che preparavano con lui concerti lirici. Ricordo che un giorno, al termine della mia lezione – io avevo 9 anni, quindi era presumibilmente il 1975 – vidi entrare Marcella Pobbe che doveva esercitarsi con il maestro – la Pobbe frequentava spesso la casa di Tacchetti per le sue prove -. E proprio a Marcella Pobbe è dedicata la Sala Concerti in cui oggi ci troviamo.

Le sue lezioni, oltre ad essere caratterizzate da una generosità, onestà ed apertura mentale rare, seguivano un metodo particolarmente “aperto”. Il pezzo che si studiava allo strumento era l’occasione per alzare ed allargare lo sguardo: il maestro sollecitava l’allievo ad inquadrare l’autore nel contesto storico e artistico, e si creavano così mille collegamenti, giungendo ad approfondimenti storici e culturali molto vasti. Lo studio del pezzo era anche il presupposto per un’analisi armonica e contrappuntistica puntuale, e c’era sempre da parte del maestro un invito a comporre nello stile della musica che si andava a studiare, per capire come quella musica era fatta – ricordo come la composizione fosse un momento veramente importante della lezione allo strumento -. Tutto questo condito e intriso da un innato ottimismo che infondeva agli allievi fiducia nelle proprie capacità. Credo che tanti altri studenti, come me, sentano come la formazione ricevuta dal maestro Tacchetti abbia contribuito a forgiare la propria personalità, infondendo la capacità e il desiderio di superare tutti gli ostacoli, di non abbattersi mai e di non essere mai dominati dallo sconforto – oltre ad incidere nelle scelte che ci si è ritrovati a fare successivamente indirizzando i propri studi, o diventando a propria volta insegnanti -. Questo, al di là dell’aspetto puramente tecnico, ha sempre rappresentato una caratteristica peculiare del suo metodo di insegnamento.

Tacchetti fu  anche impegnato, in collaborazione con la prof.ssa Maria Pia Pasoli e con la Società Italiana per l’Educazione Musicale, nella pubblicazione di testi didattici per varie case editrici.”

Busta dalla casa editrice Ricordi, contenente il contratto per la pubblicazione del libro “50 Canti brevi brevissimi – Canti, Filastrocchi, Indovinelli e Canoni per la Scuola elementare”, scritto in collaborazione con la Prof.ssa Maria Pia Pasoli e tuttora disponibile in catalogo.

Ricorda invece la prof.ssa Linda Magaraggia, insegnante al Conservatorio Pollini di Padova nonché ex allieva del maestro:”Era un educatore esemplare, un vero e proprio ‘maestro di vita’ dotato di straordinaria forza interiore. Sarebbe molto bello se noi insegnanti ricordassimo più spesso di trasmettere anche altri valori al di là della nota, del trillo, della diteggiatura, del metronomo, del pezzo. Forse a volte dimentichiamo che l’aspetto più importante è dare vivacità intellettuale, trasmettere l’entusiasmo per lo studio e la passione per la musica che a lui non sono mai mancati.”

Tacchetti è colpito da una grave ischemia nel mese di gennaio del 2004, ed è ricoverato presso la Casa di Cura Villa Margherita di Arcugnano per un periodo di riabilitazione. Ricorda ancora la Magaraggia:”Dopo il suo grave problema di salute, si temeva che non sarebbe più riuscito a proseguire nell’insegnamento, né tanto meno nell’esecuzione pianistica, ma grazie alla sua straordinaria forza di volontà ha ripreso a suonare nel giro di pochi mesi. Vi posso assicurare che la fatica di quest’uomo era indescrivibile, però ce l’ha fatta: è riuscito a far tornare le dieci dita a muoversi e io mi sono sempre chiesta come fosse possibile, pensando a persone che di fronte a problemi di questo genere si arrendono, si arenano, si bloccano.

Nel periodo successivo alla malattia ho notato nel maestro una carica se possibile ancora maggiore in tutti i settori musicali, ma in particolare nell’insegnamento ai bambini e agli allievi giovani. Poiché io da sempre mi occupo di didattica musicale, anche e in modo particolare rivolta ai bambini (la prof.ssa Magaraggia ha tenuto corsi di Pedagogia musicale per bambini dai 4 anni, ed ha insegnato al corso di Musica d’Insieme per bambini presso la Libera Scuola di Musica di Vicenza, n.d.r.), ho notato che è come se fosse ritornato ‘fanciullo’, e l’ho visto estremamente felice di lavorare con i più piccoli. Addirittura uno dei bimbi che lui aveva a lezione, e che poi è stato mio allievo, aveva definito il maestro ‘magico’. Ha detto proprio così:’Il maestro è magico!’. Perciò mi sento di dire che questo suo aspetto di didatta, che è sempre stato molto spiccato, ha trovato il suo compimento in età matura con l’insegnamento ai più piccoli – cosa che non accade spesso, se si pensa ai molti maestri che ad un certo punto sono talmente stanchi di insegnare da diventare nervosi, non risultando più adatti ai bambini che notoriamente richiedono maggior energia e tanta pazienza -.”

A supporto delle parole di Linda, si riportano di seguito a titolo di esempio alcune fotografie. Una ci riporta indietro nel tempo (anni ’50), durante una esecuzione canora alla presenza dei bimbi di una scuola elementare di Valdagno; le successive sono invece relative agli ultimi due Saggi eseguiti dai piccoli allievi del M° Tacchetti. Nel mezzo, sono centinaia le apparizioni pubbliche di Tacchetti alla guida dei suoi allievi in occasione di saggi e concerti,  in cui spesso accompagna al pianoforte.

Tacchetti all’organo durante un’esecuzione canora all’aperto, alla presenza dei bimbi di una scuola elementare di Valdagno (anni ’50)

 

Il maestro Tacchetti durante un Saggio dei suoi piccoli allievi presso Villa Serena a Valdagno, il 26 marzo 2011
Il maestro Tacchetti presenta il Saggio dei suoi allievi presso Villa Valeri a Vicenza, l’11 giugno 2011. Sarà l’ultima apparizione in pubblico di Tacchetti, che entrerà in ospedale alla fine di giugno dello stesso anno, e non farà più ritorno a casa. Ci lascerà il 29 settembre.
Il maestro Tacchetti segue in piedi l’esecuzione al pianoforte del pezzo “Un valzer per Elena” scritto dallo stesso Tacchetti per la piccola Elena Padoan, figlia del maestro Alessandro Padoan.

Continua quindi la Magaraggia:”Una testimonianza inoltre del senso di responsabilità di quest’uomo, e della sua capacità di rinuncia, è riconducibile ad un episodio avvenuto quando ancora insegnava presso la scuola media Leonardo Da Vinci in Contrà Riale a Vicenza. Ero presente ad una lezione nel suo studio quando giunse il telegramma di nomina per l’insegnamento della Composizione al conservatorio Bonporti di Trento. Noi sappiamo quanto la cattedra di Composizione sia prestigiosa ed io, contenta per lui, gli dissi:’Che bella notizia maestro! Aspettava da tanto questo momento, e adesso potrà insegnare a Trento!’ E lui tranquillamente mi rispose:’Scusa sai cara, ma come faccio io con tre figlie a lasciare il ruolo alla scuola media per andare al Conservatorio, che magari l’anno dopo non mi prendono più!’. Ecco, questo episodio è pure emblematico di una persona umile, che non si è mai montata la testa.

Fra venti o trent’anni si parlerà ancora del maestro, ma non saranno molte le persone che come noi ex studenti potranno dire di avere imparato da lui. Anche chi magari della musica non ha fatto una professione – per quanto siamo in moltissimi allievi del maestro a fare oggi i musicisti -, ha comunque ricevuto umanamente moltissimo, e questo è ancora più importante del diploma e dell’abilitazione. E così ho sempre apprezzato quest’uomo che, vicino alle sue conferenze, alla sua musica e alla sua composizione, ha sempre trovato spazio per regalare felicità ed entusiasmo attraverso l’insegnamento della musica a generazioni di tutte le età”.

Una bella e significativa immagine di come si svolgeva una classica lezione di composizione nello studio del M° Tacchetti , nonché una riflessione sulla figura di didatta e divulgatore, ce la fornisce un altro ex allievo, il maestro Mario Lanaro, che così ha ricordato il suo ex maestro in occasione di un incontro commemorativo tenutosi presso il chiostro di San Lorenzo a Vicenza nel mese di gennaio del 2012:

“Prima del pianoforte arrivava la voce.

Era il 1987, la mia prima lezione di ‘Didattica dell’armonia’, la capacità cioè di acquisire un linguaggio che andasse più a fondo della regola e al di là del dato fine a se stesso, per perfezionare l’aspetto pedagogico.

Oltre la porta a vetri, nella bella abitazione del maestro – la palazzina al numero 234 di Corso Padova -, arrivava prima la voce, penetrante, col “va bene” a fine frase. Intimoriva solo un po’, ma bastava un attimo per capire che dietro alla voce potente c’era un’animo buono, c’era un didatta desideroso di insegnare. Se si era un po’ in anticipo, ad accogliere c’era la gentile signora Gina. Un po’ d’attesa, e la lezione iniziava.

Penso che il maestro fosse prima di tutto un Divulgatore. Alla tastiera a spiegare le regole della composizione, davanti ad un pubblico nelle conferenze, quando presentava autori, opere o brani orchestrali o cameristici, oppure quando accompagnava al pianoforte allievi, cantanti, strumentisti. Ogni didatta, col tempo, matura un suo linguaggio figurato fatto di aneddoti, esempi con riferimenti ad azioni, oggetti, gesti quotidiani.

Ricordo quando spiegava che “l’Armonia respira come il mantice della fisarmonica”: ora le quattro voci si toccano dentro uno spazio limitato, poi si allargano in una tessitura più ampia, per poi tornare ad avvicinarsi. Il respiro, il mantice.

C’era un‘altra immagine che il M° Tacchetti usava, gli intervalli “ad uncino”: un intervallo dissonante di quarta o quinta diminuita, dopo il salto verso il basso, doveva risolvere salendo di semitono: ecco l’uncino! Quante volte il M° Tacchetti avrà dettato la regola della settima che scende e la sensibile
che sale, o le regole delle tonalità, i nomi dei modi. Avrà parlato di “classicismo”, di “barocco”, di nuovi linguaggi: con infinita pazienza all’allievo che intuiva alla prima spiegazione, che quasi anticipava il maestro, così come a chi non aveva la dote dell’immediatezza, della deduzione.

Al maestro ci siamo rivolti in tanti: c’era chi doveva risolvere l’urgenza di quel “pezzo di carta” che gli permettesse di accedere ad un incarico lavorativo, ed anche chi, con più ambizione, voleva impadronirsi di una tecnica compositiva più alta; oppure appassionati, che avrebbero poi scelto altre professioni. La sua preoccupazione era che il messaggio pedagogico arrivasse a destinazione, un dovere morale nei confronti di chi investiva tempo, denaro, impegno e progetti futuri o semplice passione. Era evidente l’esigenza di trasmettere all’allievo un sapere consapevole, che lo elevasse ad un punto di osservazione più alto per godere di un panorama più vasto; non solo la nozione, la regola fine a se stessa, ma qualcosa in più.

Un didatta deve saper leggere nel volto dell’allievo la sorpresa, la soddisfazione, oppure la delusione, quando ad esempio uscivano le odiatissime quinte o ottave o altri errori, ma anche qui in modo elegante, potente nella voce ma leggero nel colpevolizzare. Preciso, ma non disarmante.

La molteplicità dei suoi studi e la varietà delle esperienze quotidiane vissute avevano arricchito il suo bagaglio di conoscenze e di ricordi. Per questo gli risultava facile ripercorrere i momenti della sua vita e ci raccontava alcuni passaggi, specialmente se la lezione non ingranava, ma solo un po’, solo per far riposare la mente dell’allievo, e poi si riprendeva.

Il rapporto con il M° Tacchetti nasce però prima del 1987, quando mi invita a tenere un concerto per l’A.GI.MUS di Vicenza con il coro polifonico Schola Cantorum di Malo, che ho diretto fino al 1997. In quella occasione eseguo anche un mio mottetto, composto sotto la guida del maestro, con una giovanissima Silvia Dalla Benetta, poco più che bambina, oggi soprano in carriera. E’ stato ospite della stagione di concerti di Malo; nel 1985 il maestro aveva preparato una “Conversazione con ascolto” (così amava chiamare le sue conferenze) sui tre grandi compositori Händel, Bach e Scarlatti: 1685/1985 trecento anni dalla nascita, un’occasione troppo importante per il M° Tacchetti, attento alle ricorrenze e sempre puntuale nel proporre incontri culturali (da evidenziare il suo impegno non solo nel ricordare gli autori celebrati, ma anche personaggi ed eventi legati alla nostra cultura vicentina). E’ venuto a Malo, nella Sala Consiliare a tenere una brillante conversazione. Il maestro non guidava l’auto e così l’incontro aveva una sua premessa nel viaggio di andata e una sua conclusione nel viaggio di ritorno: amava conversare con un gusto ed humor molto personali.

Credo giusto un segno di riconoscenza, un pensiero grato carico d’affetto al M° Natalino Tacchetti per la sua lunga e continua opera di Divulgazione, e per aver portato la Musica nel cuore e nella mente di tanti e tanti allievi ed appassionati.

Mario Lanaro
30 gennaio 2012
Serata di commemorazione, presso il Convento di S. Lorenzo a Vicenza”

Per concludere, in occasione della medesima serata commemorativa del 2012, il maestro Gastone Zotto, già direttore del Conservatorio Arrigo Pedrollo di Vicenza, così ha sintetizzato la figura di insegnante di Tacchetti:

“Io credo che Tacchetti resterà nella storia di Vicenza per un motivo molto importante: è stato il grande artigiano dell’insegnamento musicale. Credo che abbia educato più musicisti Tacchetti che noi al Conservatorio per anni e anni! Tacchetti non aveva supponenza: era l’uomo che diceva ‘Io ho studiato in giro per il mondo e ti insegno ciò che ho imparato, e te lo insegno con grande umiltà’.

Sapeva comunicare una carica di entusiasmo e una desiderio di studiare formidabili, ma possedeva soprattutto una capacità unica: riusciva a trasmettere il senso del Mito della Musica. Perché la musica non è solo una scuola, non è un insegnamento puro: la musica deve essere una passione, e lui te la comunicava come qualcosa di grande, trasmettendo esattamente il senso “mitico” – si direbbe “sacrale” – della musica (la quale, si voglia o no, contiene il senso della trascendenza, come sosteneva Goethe).

Nella nostra vita abbiamo lavorato tanti anni per la musica, e ci lavoriamo tuttora, e il lavoro che abbiamo fatto per decenni sta dando i suoi frutti. Io sono un testimone vivo e vivente, e la musica che c’è oggi a Vicenza rispetto a quella degli anni ’60 e ’70 (ho conosciuto Tacchetti nel 1966) è molto più qualificata, perché ci sono centinaia di ragazzi che hanno studiato e che si sono diplomati. Ma questi non sono mica nati dal nulla: sono nati dalla fatica di coloro che si sono impegnati a fare questo lavoro.  Le cose belle non nascono da sole: nascono perché ci sono persone che con tanta umiltà studiano, si impegnano, insegnano ed entusiasmano. E questo è uno dei meriti che fa di Tacchetti un grande maestro.”

 

Una risposta a “L’insegnante e il divulgatore – 1. Testimonianze”

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